Verranno di seguito analizzati i risultati del rapporto e le conseguenze previste sia nell'ambiente inteso strettamente come natura sia in chiave sociale ed economica.
La profezia sul collasso dell'ambiente naturale
Il rapporto indica chiaramente come il perdurare del trend
di crescita della popolazione e dell’economia, in un pianeta dalle risorse ambientali
finite, porterà inevitabilmente l’umanità a raggiungere i limiti naturali dello
sviluppo entro il XXI secolo, col risultato più probabile di un incontrollabile
declino della popolazione e della capacità industriale e di un parallelo espandersi
di diseguaglianze, malattie, epidemie, fame e conflitti. Per evitare il
collasso, gli autori ritengono necessario interrompere in maniera programmata
la crescita, o meglio perseguire un modello di sviluppo senza crescita della
popolazione e della produzione, in equilibrio con l’ambiente. Il che non
significa che non possano continuare a crescere tutte le attività umane che non
implichino lo spreco di risorse non rinnovabili e che non comportino degrado
ambientale. Gli autori invocano perciò un rinnovamento profondo della società e
provvedimenti efficaci volti a non superare i limiti della capacità di
sostentamento della Terra.
Tali conclusioni,ritenute all'epoca estremamente avventate e catastrofiche ,non risultano cosi distanti dall'evoluzione incessante delle problematiche ambientali legate all'inquinamento e alla diffusione del Covid-19 che allarmano sempre di più l'uomo moderno.
Grafico che sintetizza le consclusione espresse nel rapporto
"The limits to growth"
Le inevitabili conseguenze sull'aspetto sociale ed economico
Si può ,quindi ,affermare che il libro mette in discussione il mito ottimistico
del progresso continuo e senza fine delle società, non solo dell’Occidente, in
età contemporanea.
Le conclusioni ,che vanno ad identificare il progresso come causa della fine della nostra civiltà ,non si distinguono dalle tesi espresse dalla letteratura italiana ed europea dello stesso periodo che addirittura, in chiave carducciana , andava ad impersonificare il progresso come un’ambivalente e discusso mostro e ,in chiave pirallendiana, ribadiva come l’evoluzione industriale porti inevitabilmente ad un’alienazione ed una disumanizzazione perenne.
Le conclusioni ,che vanno ad identificare il progresso come causa della fine della nostra civiltà ,non si distinguono dalle tesi espresse dalla letteratura italiana ed europea dello stesso periodo che addirittura, in chiave carducciana , andava ad impersonificare il progresso come un’ambivalente e discusso mostro e ,in chiave pirallendiana, ribadiva come l’evoluzione industriale porti inevitabilmente ad un’alienazione ed una disumanizzazione perenne.
Inoltre, viene evidenziato che un mondo che muore di
inquinamento da iperconsumo continui a produrre e acquistare auto a testa bassa
per alimentare la crescita economica. Se fisicamente è possibile,
economicamente risulta utopistico , perchè vorrebbe dire continuare a sognare una macchina
sportiva in un mondo iperinquinato invece di preoccuparsi dell'aspetto salutare. In pratica, il
mondo simulato dal World3 continua a produrre anche quando non è più
conveniente farlo, un mostro(il progresso) che divora se stesso.
Questo concetto espresso molte volte nella cultura cinematografica del XX secolo : dall’uomo alienato interpretato da Charlie Chaplin in “Tempi Moderni” (1936) rappresentato come “ingranaggio “di una macchina molto più grande (il consumismo ) fino ad arrivare all’immagine evocativa di un consumista che consuma sé stesso nell’intramontabile “L’alba dei morti viventi” (1968) di Cesar Romero.
Questo concetto espresso molte volte nella cultura cinematografica del XX secolo : dall’uomo alienato interpretato da Charlie Chaplin in “Tempi Moderni” (1936) rappresentato come “ingranaggio “di una macchina molto più grande (il consumismo ) fino ad arrivare all’immagine evocativa di un consumista che consuma sé stesso nell’intramontabile “L’alba dei morti viventi” (1968) di Cesar Romero.
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